Non scrivere di non saper scrivere
È il giorno del mio onomastico nel penultimo anno di vita della Terra. Ti ringrazio per le scuse private riguardanti il modo con cui ti sei espresso nella prima risposta, ma non posso esimermi dal pensare alla situazione a rovescio: cosa avrei risposto io se tu mi avessi scritto "Scusa, ma la tua definizione di momento angolare di una particella con spin zero non coincide con quello che ho trovato... Potresti indicarmi delle fonti su cui poter studiare? Grazie."? Il fatto che la probabilità di ricevere da me una risposta come la tua si riduce a zero (e questo anche se fosse morta mia sorella e avessi litigato tutto il giorno con il panettiere), come prima cosa mi fa interrogare sul perché di certe tue azioni difensive in risposta ad un attacco che non c'è; secondariamente, non essendo assolutamente un caso isolato, non fa altro confermare le mie considerazioni sulle concause dei tuoi comportamenti che appaiono ai miei occhi come negativi per la tua persona (sottolineo che sono negativi per me solo nella misura in cui le ritengo essere un limite per te; per quanto riguarda me, stesso, medesimo, "me ne sbatto altamente"). Il fatto che non sia [ancora] innamorato di te mi permette di essere assolutamente conscio di non poter (e soprattutto di non voler) giudicarti in termini di giusto o sbagliato, ma tenendoci a te sotto molti punti di vista, non posso permettere che tu non sia al corrente che un file contenente queste "cose che mi spiacciono" si sta ingrandendo. È anche giusto che tu sappia che il concetto di "file" appena espresso è tutt'altro che metaforico, e quando conterrà un discorso organico su ciò che voglio dire, sicuramente avrai l'opportunità di leggerlo. Dire che non nutro alcun rancore nei tuoi confronti potrebbe essere un insulto alla tua intelligenza a causa dell'ovvietà dell'affermazione, ma preferisco rischiare di offenderti piuttosto di non essere chiaro. Ora mi piacerebbe molto che ti domandassi come mai una persona come me, concentrata sempre su se stessa e considerata da molti ossessionata dallo spendere il proprio tempo nella totale armonia, abbia impiegato 30 minuti a scriverti questa cosa... E ora le precisazioni da asilo nido:
1. La domanda "Thoreau tratta solamente temi sociali nelle sue opere?" non mi sembra assolutamente essere una domanda parziale.
2. La tua parziale disinformazione sul mio livello di cultura letteraria non dipende da un tuo disinteresse ma dalla mia scelta di mantenere un determinato ruolo nei tuoi confronti, sensibilmente allo sforzo e all'impegno che ci metti nella realizzazioni dei tuoi sogni.
3. Quando risolverai il messaggio della 2, la 1 scomparirà naturalmente.
Eccoci. Il momento è finalmente arrivato. L’ho portato esattamente dove volevo, su questo ponte cigolante senza vie di fuga. Ti scrivo questa lettera perché, a parte che "cigolante" non ci sta, devo dirti delle cose molto importanti che di persona non riuscirei probabilmente a comunicare con lucidità dato che sono timido. Solo per semplificazione, è possibile che tu possa trovare delle frasi rette da verbi coniugati nella seconda persona singolare, ma leggile sempre come subordinate ad una principale in cui il verbo "penso" è alla prima persona singolare. Il "tu fai questo" va quindi letto nella formula "io penso che tu faccia questo". Il pretesto della discussione sulla videocamere (era il 22 settembre 2011) ha mosso in me molti pensieri, e il fatto di averli chiarificati dentro di me, è stato molto utile. Come pretesto per argomentare ciò che devo dire, userò le definizioni di alcune parole da te usate.
ARROGANZA
Se wikipedia non sbaglia, l'arroganza è "il senso di superiorità nei confronti del prossimo, che si manifesta con un costante disdegno". Penso che né io né te abbiamo a che fare con l'ultima parte di questa definizione; non penso che disdegniamo costantemente qualcuno. Detto ciò ritengo sia utile analizzare la prima parte della frase. Non posso negare di trovarmi spesso un senso di superiorità nei confronti del prossimo, ma mai espresso in termini di "meglio" o "peggio" (tanto meno in termini di "diverso", altrimenti non si parlerebbe neppure di superiorità), ma nella misura in cui riconosco un gap di "conoscenza" (e non di cultura) evidente. Ciò che è sicuro è che metto molta umiltà prima di permettermi l'arroganza. Questa frase apparentemente contraddittoria trova veridicità in questo esempio: sull'argomento 11 settembre ho dedicato anni di studi, ho visto tutti i documentari di parte e di controparte, mi sono documentato sui siti e ho svolto delle ricerche anche personali. Molte persone credono ancora alla versione dei dirottatori muniti di taglierino. Se una di queste persone vuole parlare con me, io lo ascolto con calma, contento che mi stia parlando. Senza alcuna arroganza gli chiedo quanto tempo abbia dedicato all'argomento, e se vedo che il suo grado di conoscenza è inferiore al mio, espongo tranquillamente la mia tesi. Non ho un senso di superiorità. So che, per come sta dicendo le cose, non dimostra di avere le mie conoscenze, e tanto meno di averle superate per potermi insegnare qualcosa. Se sei umile e sai di più, lo puoi riconoscere e non farlo pesare, anche perché questa persona avrà speso quel tempo per altre cose, e di certo io sarò contento di arricchire il sacco (si tratta di quantità) del mio sapere grazie a lui. Ora, se l'interlocutore ribatte intelligentemente, tutto bene; ma se ribatte arrogantemente lui per primo, allora scatta una distanza comunicativa incolmabile, alimentata da una modalità di comunicazione che non condivido. Lui inizierà a non ascoltare, io inizierà a sembrare arrogante. E se sembro, lo sono, dato che credo nelle realtà individuali anche dal punto di vista fisico oltre che da quello psicologico.
Come io sfrutto come una spugna l'opportunità di conoscere, non accetto (e lo riconosco come zona d'ombra in un percorso di luce) che non si faccia lo stesso con me. Sì, si riduce tutto ad un semplice meccanismo ZEN: "Se sei l'allievo, ascolta in silenzio il maestro; se sei il maestro, ascolta in silenzio te stesso". Si evince da questo discorso che chi sa non può insegnare, e che solo chi sa di non sapere può imparare. In questo sono un (1/4)*Hegeliano+(3/4)*Socratico. Hegeliano perché credo che la crescita personale di una persona si sviluppi lungo una spirale in cui ogni giro è composto da un processo di tesi-antitesi-sintesi, dall'altro canto, so che la crescita è favorita dalla consapevolezza della proprie ignoranza. Allora tu mi chiederai: "Ma se sai di non sapere, allora perché sei arrogante con uno che ne sa meno di te? Comunque può insegnarti qualcosa, o comunque, sempre socraticamente parlando, perché non applichi con lui la maieutica e non l'arroganza?". La risposta non è scontata e ha richiesto molto tempo. Diciamo che GHHLHHNH (anche il nome di dio in ebraico è scritto con le acca in sostituzione delle vocali) mi ha in un certo senso aiutato a trovare la risposta: la vita media di un uomo è di 76 anni. Penso che sia giusto vivere la propria vita nel modo più armonico possibile. L'impossibilità di vivere per un tempo infinito induce a fare delle scelte, a selezionare le persone fisiche con cui vivere bene, per poi poter vivere bene con tutti. Anche tu sei talvolta arrogante con chi fa l'arrogante con te. A volte anche tu dimentichi di indossare uno dei sei cappelli di De Bono e sviluppi della finta consapevolezza su cose che sai di non conoscere a dovere. Sono proprio le ripercussioni di questa dimenticanza a gravare sulla tua vita. Un esempio significativo di arroganza (e non di, simpaticamente, meta-arroganza) è quando volevi sostenere l'impossibilità di immedesimarsi totalmente nelle sensazioni di un compositore suonando la sua musica. Ritrovo l'esempio molto calzante perché, benché sia quasi ovvio pensare che non si possano conoscere le sensazioni del compositore mentre componeva (e tanto meno carpire le sensazioni del primo uomo che eseguì quell'opera) tu non possiedi alcuna conoscenza teorica o pratica per valutare questa affermazione se non arrogantemente. Qualsiasi tuo sillogismo fallirebbe perché... non hai le basi per farlo. Qualsiasi frase che inizia con "Secondo me..." non avrebbe alcun valore né fondamento. In gergo si direbbe: "Tu ses dome un arrogantello!".
Ora tu sai bene che l'arroganza è un meccanismo di auto-protezione che si sviluppa da piccoli e che è facilmente riconoscibile dall'esterno, ma molto poco riconoscibile dall'interno (se fossi in grado di riconoscerlo, lui non ti proteggerebbe più). Ci sono tre paradossi in questi sistemi. Il primo è che è molto probabile che il sistema si accenda anche in questo stesso momento, il secondo è che è ancora più difficile accettare un atteggiamento che si è portati naturalmente a criticare, il terzo è che probabilmente ti verrebbe da dire "ma anche tu sei arrogante", quando il fatto che lo sia, no ha nulla a che fare con te; il fatto che io sia o non sia arrogante è un discorso che possiamo fare a parte, ma definirmi arrogante non ti esime dall'esserlo. E poi è certo che anche io abbia dei sistemi di protezione che si manifestano con atteggiamenti negativi, ma il fatto di riuscire a scriverlo mi fa stare molto bene. Ho imparato che scrivere i propri difetti su un foglio aiuta moltissimo, soprattutto a capirne le fonti. Chi mi conosce molto bene mi ritiene una persona molto umile e sensibile, e allo stesso tempo sa definirmi correttamente come una persona terribilmente testarda, capoccia dura in ogni possibile manifestazione.
È l'assoluta testardaggine che alimenta esponenzialmente le considerazioni positive e negative di chi mi circonda. Se mi dai un po' di bene, testardamente sarò portato a donare tutto il mio essere; con un po' di male, desidererò la tua morte per il bene della comunità mondiale. Non avrei mai mollato il discorso con il povero uomo delle torri gemelle prima di averlo fatto assistere a settordici ore di manfrina. Non mollo. Sto imparando a farlo, e sono molto migliorato (prova solo a pensare a cos'era prima... come tu critichi molto meno di anni fa, ma sembri un criticone, così io sono molto meno testardo, ma sono un testardone). La testardaggine è un difetto che ho assimilato da mio padre, sviluppato per contrastarlo nella sua stessa testardaggine. Pensa a quando GHHLHHNH è andata in palestra. Quanto le ho rotto le scatole? Se mi avesse detto: "L'assenza di attività fisica accorcia la vita e rende la mente meno rilassata. Ne sono consapevole ma non voglio andare in palestra.", forse la cosa sarebbe stata molto più smorzata, ma è indubbio che abbia esagerato con la testardaggine. Un atteggiamento del genere non deve più riprendere vita in me. Ovviamente la situazione era più complessa, ma l'esempio calza. Anche in questo caso, "chi sa", afferma che lo sport fa bene (l'attività fisica dona salute scientificamente parlando. Non è una questione soggettiva.); anche e tu lo sai bene, ma se un medico ti venisse a dire che recenti studi dimostrano che lo sport fa male, magari ci penseresti. Così vale anche per il discorso della videocamere: dedico ore a pensare alla soluzione ottimale, espongo, ascolto, e solo nel momento in cui ottengo una risposta degna, la mia PRESUNTA arroganza svanisce e rispondo: "Questa risposta è ottima!"; stessa risposta che hai infatti ricevuto quando mi hai detto che, nel caso in cui ti avessi descritto in anticipo le mie intenzioni, probabilmente avresti voluto evitare di vendere la pana. Non ammetto invece un discorso prettamente focalizzato sull'"hai cambiato idea in corso d'opera", che mi è parso un esempio di incapacità a focalizzare gli obiettivi reali. E poi, una persona come me, ritenendo il discorso infantile, potrebbe iniziare ragionare come un bambino: se tu mi dici che per te è meglio avere una camera seria a metà con me, rispetto ad una leggermente inferiore tutta tua; se mi dici che preferiresti averne 2, entrambe a metà rispetto che una tutta per te; se dal momento in cui capisco che hai i soldi ti propongo di prenderne una come la mia e tu accetti subito e ti calmi; da bambino, è ovvio per me pensare che stai giocando a chi ce l'ha più lungo. Ma se ce l'abbiamo uguale allora va bene. Potevi dirlo prima! Sono nella media abbondante di 19.5 cm. Potevamo risparmiare 2 ore.
PRESUNZIONE
Se wikidizionario non sbaglia, la presunzione è "l'eccessiva sicurezza o fiducia priva di riscontro nelle proprie capacità, che può portare finanche all'attribuirsi qualità e doti che non si posseggono, che è il riflesso di un'opinione troppo alta o lusinghiera di se stessi". Io non sono presuntuoso. Affermarlo non è per forza una presunzione; potrebbe essere una consapevolezza. Presumere che io sia presuntuoso nel fare questa affermazione è solamente una presunzione!... Valuto attentamente le mie capacità, e spesso mi ritrovo a parlare di me stesso in termini di mediocrità; a volte perché la mediocrità è per me un concetto affascinante e portale di scoperta, a volte perché il mostrare una conoscenza priva di riscontro ha per me la stessa accezione del mentire. La parte che io ritengo più importante in questa definizione è "priva di riscontro", il che si riconduce al concetto di "investimento conoscitivo". Quanto tempo hai impiegato ad ottenere il riscontro prima di elargire una qualunque presuntuosa affermazione? È presuntuoso dire "l'ABC della regia dirà solo come si fanno le inquadrature standard". L'affermazione può essere corretta, ma per poterla fare senza presunzione devi sapere quel libro a memoria, devi aver letto libri di regia moderna ed devi esserti costruito uno stile di regia tutto tuo. Un'affermazione potenziale come "nella mia idea di regia esiste la sperimentazione di inquadrature particolare, mosse dal puro senso estetico, ma la cosa potrebbe cambiare dato che non ho mai avuto modo di sperimentare la cosa sul campo" conduce allo stesso punto, ma in modo molto completamente differente. Ripeto che non stiamo ancora parlando di valore di veridicità (argomento che tratterò dopo), ma di pura modalità. Hai un "modo" presuntuoso di parlare di certe cose. Mi sembra che tu stia sottovalutando troppo l'importanza di produrre frasi umili.
Quando io ti dico che un dialogo della sceneggiatura va rivisto perché l'ironia non si legge come si dovrebbe, mi pesa molto pensare che parte dei miei 76 anni di vita vengono spesi per spiegare che non mi sto focalizzando su particolari o cose su cui pensi mi stia focalizzando, ma solo su quello che realmente costituisce un problema; dopo 30 minuti mi capisci, ti focalizzi sulla reale questione, e mi dai ragione o torto a seconda, spiegandomi perché. Ma se tu non fossi così presuntuoso, potremmo andare via molto più veloci. Potresti dire che quando perdiamo tempo in questo modo, si tratta solo di un'incomprensione, ma essendo un'incomprensione sistematica la cui causa è spesso la stessa, non mi appoggerei a questa bullshit. L'assenza di presunzione in un rapporto come il nostro ha solo un vantaggio puramente collaborativo. Io ti voglio bene e sono contento di venire a Lignano con te per scherzare tutto il giorno o parlare di cose serie, e mi va benissimo se critichi e fai il presuntuoso con chiunque, anzi, il modo naturale e ponderato con cui lo fai può essere a tratti molto divertente. In vero, non sei una persona con cui penso starei bene tutto il giorno, tutti i giorni. Non ritengo di avere una tale empatia nei tuoi confronti da potermi permettere con te un rapporto come quello che posso avere con Alessio o Enrico o Ilaria, o con la stessa Roberta. Ma una cosa è certa: sei una delle persone più intelligenti che conosco, e una amico importante, quindi nulla di ciò che scrivo qui ha a che fare con la parte personale del nostro rapporto, si tratta della parte collaborativa, e dei limiti comunicativi, creativi e conoscitivi che sorgono da determinati atteggiamenti e che si ripercuotono sul modo di stare l'uno vicino all'altro.
Mi ricordo che un giorno mi dicesti che ti piaceva molto la logica formale e booleana. Io credo che l'operatore implicazione sia un'ottima metafora di questo discorso:
V -> V = V
V -> F = F
F -> V = V
F -> F = V
Come puoi vedere, partendo da un'ipotesi falsa, avrai sempre un risultato vero. Se dici "Se Dante fosse vissuto adesso, non avrebbe ricevuto lo stesso successo" è un affermazione vera, ma Dante non è vissuto ai giorni nostri, e se dici una cosa del genere a chiunque sappia di Dante più di te, ti ride in faccia e non pubblichi un libri neanche se ti reincarni in Wilbur Smith. Queste affermazioni sono pessime, un misto di arroganza e presunzione che ha l'effetto devastante di premere a te stesso di venir ridicolizzato. Ma la cosa peggiore è il totale spreco di energia creativa. Pensa a cosa potresti pensare e creare abbattendo nella tua mente affermazioni di così basso livello. Questo spreco io non lo posso tollerare. Non tollero nemmeno il riciclo di questa energia: non mi piace che un'idea magari buon nasca da un discorso di questo genere. Perché perdere tempo a togliere il rame dal bronzo quando puoi smontare la bobina di una lavatrice (scoprendo magari che la lavatrice è fatta d'oro)? Pensi che abbia fatto questo paragone del candalporco senza sapere che fa schifo? Sta a te decidere se è il caso di sorridere della mia ironica consapevolezza nel costruire tale paragone, o argomentare con toni elevati la sua inefficacia; di certo, nel secondo caso, faresti ridere ancor di più chi sta già sorridendo, ma io non voglio questo per te.
Ho avuto una fase detta "del mona" intorno ai 13 anni in cui mi comportavo da presuntuoso. Al tempo ho avuto la fortuna di frequentare persone adulte che, con la loro esperienza, potevano accettare le sfide e giocarle nel modo più costruttivo. Mi sono trovato spesso a vergognarmi di aver presunto di sapere, e se queste persone non mi avessero subito messo a terra, non avrebbero mai stimolato in me determinate consapevolezze; non avrei potuto far altro che continuare ad essere presuntuoso. Se avessi continuato a fare il superiore, sono sicuro che le diottrie dei miei punti di vista sarebbero aumentate vertiginosamente. Anche questa volta è la conoscenza che permette di sfuggire questa situazione. Infatti, se si sa, è impossibile presumere. Una cosa che mi ha molto colpito è stato il momento in cui sono stato deriso per aver cercato un manuale che mi potesse insegnare a scrivere. Tu mi risposi che un manuale del genere non esisteva, e che se fosse esistito, avrebbe comunque "sbagliato". Avresti per di più concluso la tua risposta con la parola "sbagliato" se non ti avessi domandato cosa meglio intendevi. Mi dicesti che per saper scrivere bisogna leggere. Io sono d'accordo con questa affermazione in termini di necessità, ma non di sufficienza (proprio come gli operatori implicazione fanno). Secondo te se faccio leggere 1000 libri a mia nonna, lei poi sa scrivere? Ovviamente no. Già da qui la tua frase può essere corregiuta in "Per saper scrivere bisogna prima saper leggere". Il processo di apprendimento della scrittura è sì un viaggio personale, ma i prodotti di qualità hanno dei denominatori comuni che trascendono lo stile. Non è solo l'avere un senso critico su ciò che si sta leggendo; è la meraviglia dell'assoluta superiorità di uno scrittore, è il partecipare della sua grandezza fino al momento in cui ti rendi conto che stai capendo solo il 10% dei suoi processi di scrittura. E benché la Meraviglia suoni come qualcosa di astratto, è un'emozione necessaria allo scrivere. L'uomo presuntuoso devasta la propria capacità di sentire ciò. Non puoi fare nessuna analisi su ciò di cui sto parlando. È e basta. Ma io ti vedo e ti sento parlare, e purtroppo so che pensi di sentirla. Mi puoi solo rispondere "Ma si, capisco benissimo!". No. Queste sensazioni muovono l'io in una direzione subito riconoscibile da chi l'ha già sperimentate.
Ti ricordi? Quando ti ho postato su facebook le storielle zen, tu mi hai risposto: "Guarda che le ho già lette due anni fa!". Beh, forse è il caso che tu te le rilegga dato che se avessi capito il 10% delle storielle zen, non avresti mai risposto così. È anche vero che quest'ultima mia affermazione, benché oggettivamente veritiera, ha un tono abbastanza violento, tono che spero venga smorzato dall'affermazione che segue. Capisco questa e molte altre tue risposte simili, e ti assicuro che è facile ricondurle ad una evidente paura di poter essere considerato impreparato, inadeguato, non pronto ad un qualsiasi compito, soprattutto se di carattere intellettuale. Mi spiego meglio. L'unico motore in grado di emanare frasi come "Le ho già lette.", o "Io non mi rifaccio a due frasette trovate su Wikipedia.", o "Studia." è la paura. La cosa peggiore è che tu, cercando di difenderti attaccando, rendi la tua risposta emotiva assolutamente prevedibile. E la prevedibilità è veramente monotona. Tornando al primo esempio, se io avessi riportato una bella storiella ZEN sulla bacheca di qualcuno, sarebbe stato impensabile che questa non avesse risposto in maniera inerente al mio ovvio tentativo di portare una briciola di bene in più, ma con te questo non è accaduto, troppo preso dalla necessità di dire "Ehi ehi! A voi tutti che leggete la bacheca! Io l'ho letto, eh! Io so questa cosa, infatti io so scrivere perché ho letto tanto!" o "Ehi, guardate qui! È lui quello che non sa niente di trascendentalismo! Io so eh! È lui quello ignorante e disinformato, mentre io so perché ho letto! E leggo perché voglio scrivere!". Se la tua crescita personale non mi stesse a cuore quasi quanto la conclusione del nostro prodotto artistico, la cosa guadagnerebbe solo l'aggettivo di "interessante", ma data la situazione è diventata per me qualcosa di "importante".
Prendi il poker. Quando sei principiante pensi di dover giocare quando hai la mano buona, quando sei semiprofessionista, impari a considerare solamente le carte che possono avere gli altri, e quando sei un professionista capisci che la cosa che conta è pensare a ciò che gli altri pensano che tu abbia in mano. Così penso che imparare a scrivere attraverso la lettura non abbia solo a che fare col leggere molti libri, non sia solo pensare a ciò o a come l'autore ha scritto, ma sia interrogarsi su come l'autore voleva condurti con la sua scrittura a leggere ciò che stai leggendo, nel modo con cui stai leggendo, con le esatte sensazioni prodotte da quella lettura. Ogni volta che sento la parola "stelle", mi commuovo. Non sono più in grado di pensarle come ammassi di idrogeno in cui è innescata una reazione nucleare; la mia mente è nell'inchiostro del punto in cui si chiude la divina commedia. Pensi che sia merito mio se mi comporto così? O è il signor Alighieri ad essere riuscito a fare ciò per cui è considerato il più grande autore letterario del mondo fin'ora esistito?! Ti esorto quindi a considerare che l'importanza di farsi domande è più importante che tentare di darsi delle risposte. Prima di ambire alla "letteratura alta", ti sei assicurato di aver ottenuto una tale consapevolezza di come si scrive, al punto da poter stravolgere in maniera adeguata i soliti stilemi o cliché di cui parli? Hai mai fatto leggere il tuo prodotto a qualcuno che è veramente competente in ambito letterario anche solo "medio"? Nel caso dovessi ottenere una risposta negativa al tuo prodotto, saresti in grado di non attribuire a questa persona competente dell'incompetenza, solo per preservare e giustificare la validità della tua opera?
È una questione di ruoli. Il mio ruolo dal tuo punto di vista non è quello che può farti notare certe cose. Non mi puoi credere o non ti puoi fidare di me nel momento in cui muovo una critica costruttiva nei tuoi confronti semplicemente perché tra il pensare che io possa vedere cose che tu non vedi o che nemmeno capisci, e il pensare che sia io a non capire, sei spontaneamente portato a dare per scontata la seconda opzione. Infatti, la tua prima risposta alla mia affermazione "Secondo me Orson è da rivedere da molti punti di vista, oltre che da quello formale", non è stata "Magari hai ragione, gli do un occhiata e poi ti so dire", ma è stata "Io voglio scrivere in un modo alto, leggiti Joice per capire" e per di più, dal momento che ti ho detto che ho letto Gente di Dublino in lingua originale e metà dell'Ulisse, e che la differenza con te non ha a che fare con ciò a cui ti stai riferendo, (e che solo fare un paragone con il suo livello, scusa, ma mi ha fatto sorridere), mi hai risposto di leggere un altro suo libro per capire. Quando ti ho detto che frasi come "SaSSo Sul SottoboSco" non erano a mio parere appropriate in un determinato passaggio, ti sei subito messo nella posizione di sottovalutarmi, chiedendomi cosa volesse esprimere per me questa successione di parole, presumendo che io ti rispondessi "suonano male tutte con la esse!"; invece avevo già avuto modo di imparare che le assonanze svolgono la funzione di sottolineare un determinato concetto, e a mio parere, quelle stesse sottolineature erano state usate in maniera impropria. Ma tu sai cosa mi hai risposto? Mi ha risposto che tu usi le assonanze proprio per sottolineare i concetti. [Pausa] Certo! Chi ha mai detto il contrario? Infatti la questione non poggiava le basi sulla tua conoscenza delle figure retoriche, bensì sull'uso appropriato o meno che ne fai! Al che tu potresti chiedermi: "Pensi che tutti quelli che scrivono abbiano completa conoscenza di tali costrutti?". A parte il fatto che la domanda è sbagliata nella misura che non è formulata per la curiosità nella sua risposta, il competente di prima direbbe: "Coloro che non possiedono una totale consapevolezza di quali siano i fondamenti teorici e formali dello scrivere bene possiedono un così profondo e sincero rapporto con se stessi che si possono permettere di scrivere senza farne un uso cosciente; per tutti gli altri tale consapevolezza è invece necessaria". And what about the rithm? Se vuoi vivere scrivendo libri, forse non dovresti farli leggere ai tuoi amici, dovresti farli leggere a chi sa scrivere. Ti assicuro che se non ci tenessi a te e al tuo futuro da scrittore al punto da considerarla una cosa che riguarda anche me, non vedresti nemmeno l'ombra di queste parole.
È proprio una questione di ruoli, e non posso biasimarti. È probabile che tu non sia disposto ad accettare che la mia crescita artistica in ambito letterario mi permetta ora di valutare il tuo operato. Potrai sempre chiedermi di scrivere qualcosa per vedere se so scrivere, ma una sfida non penso cambierebbe le cose. Anche se scrivessi una puttanata, per valutarla come tale avresti bisogno di un esperto. Allora tanto vale che ti rivolgi a lui e controlli con lui se quello che dico è vero o (sono il primo a sperarlo) è una stupidaggine. Basterebbe far leggere Orson ad un esperto letterario interessato alle pubblicazioni che sembrano più simili nello stile al tuo racconto e chiedergli di trovare i punti forti e quelli deboli, gli errori o i passaggi geniali. Se il critico ti dovesse dire "Questa è la più grande cossa mai scritta" o fare un qualsiasi commento generalmente positivo, quanto potresti stare contento? E quanto potrei stare io in pace vedendo che il mio amico non ha più sbalzi emotivi prodotti dalla richiesta di mettersi in gioco? Ora tu dirai che sei il primo ad essere recettivo nei confronti degli altri, e che è in te la voglia di imparare. Questo io lo metto in discussione non perché non credo al significato delle tue parole o delle parole in generale, non perché penso che tu mi stia mentendo o ti stia mentendo, ma perché penso che tu non sappia proprio come fare. L'idea che si possa diventare grandi dal solo confronto con se stessi è quasi del tutto una falsità. Gli unici che ci riescono sono gli illuminati in senso spirituale, a cui non interessa assolutamente nulla ti te, di me o di questo discorso se non in termini di movimento di informazione universale. Da ciò si evince che la collaborazione è uno strumento molto potente per la crescita individuale di una persona, ma quando si parla di opere d'ingegno, la collaborazione diventa quasi un rallentatore al cospetto di una figura molto più potente: la figura del maestro. Tutte le società più intellettualmente avanzate ne veneravano il ruolo; al giorno d'oggi sembra quasi una figura in grado di porre un freno alla libertà artistica. Il compito del maestro non era quello di insegnare (quello era il pretesto), ma quello di evitare che l'allievo iniziasse ad utilizzare degli strumenti prima del dovuto, e, soprattutto, si assicurava che iniziasse ad usarli una volta ritenutolo pronto. Come Ilaria non ha avuto un maestro che le dicesse: "Guarda che sono dieci anni che sei pronta! Il tuo non fare è un crimine nei confronti dell'umanità!", così tu, a mio parere, ti sei allontanato troppo presto dal maestro, e adesso la nostalgia del buon ricordo che avevi di lui ti fa allontanare da tutti quelli che potrebbero sostituirlo.
Dal tuo stesso modo di scrivere si riconosce un uso esagerato del vocabolario, un appesantimento del testo che magari tu ritieni voluto, ma che, con elevatissima probabilità, verrà percepito solamente come il tentativo di uno scrittore provetto di mettersi in evidenza. Conosci questo aspetto della scrittura? Se non sei uno di quegli scrittori provetti, sapevi che questo è quello che fanno? Dato che mi consigli Joyce, dovresti subito capire dove sta la differenza con te; io almeno la percepisco subito, e tu stesso sai che io ho letto molto poco. Non è una questione di stile. Non è un discorso del tipo A:"A me piace Joyce", B:"A me non piace tanto, a me piace Umberto Eco". È un discorso del tipo A:"Hai letto Franklin?" B:"No" A:"Nemmeno io". Mi rendo conto che l'argomento sia molto delicato e ti tocchi nel profondo, ma se la risposta più vera è anche quella più dolorosa, probabilmente si trasformerà velocemente in quella più potenzialmente positiva. E non parlo solo di scrittura.
Se tu dovessi un giorno partire alla ricerca del tuo vecchio maestro, sappi di poter contare su di me come per lo spostamento di tavoli o letti attraverso porte strette. Mi sembra veramente che ti basti così poco per iniziare la vera strada verso una scrittura di qualità, ma finché ciò non accadrà, non potrò sentirmi a mio agio nell'affidarti idee per la realizzazione di storie. Per fare dei racconti che mettano insieme la quantistica e il pulp, esiste un ottimo sistema: studiare a menadito la fisica quantistica e il genere pulp. Non si può citare Pauli mostrando al lettore solo per brevi istanti la parte più generale del suo principio. L'inconsapevolezza della fisica che di fatto c'è risulta subito evidente allo scrittore, senza parlare del fatto che in una struttura narrativa complessa, gli elementi della scena devono per forza essere descritti dettagliatamente, altrimenti il lettore si trova immerso in un immaginario fatto di pareti di compensato e oggetti di cartone. Nella scrittura non si può proprio imbrogliare. Prova a leggere questo scambio di battute pensando ai tramonti di Monet o Van Gogh: "Disegna un cerchio.", "Fatto.", "Volevo un sole ed eccolo qua.", "Sì, ma mettiamoci almeno dei raggi.", "Eh, no, perché poi diventa troppo realistico; pensavo, invece di metterci le linee diritte, mettiamoci quei raggi a forma di gabbiano all'orizzonte", "Secondo me andrebbero meglio dei raggi meno "stereotipati"(leggi "infantili")... comunque ci vorrà anche del colore, e una sfumatura.", "Mah, a me il bianco e nero piace". Ora ricordati che ti ho detto di pensare pensando ai tramonti di Monet o Van Gogh? Pensi che quel cerchio possa essere considerata arte astratta? No. Quel cerchio con i raggi è un disegno elementare, riconosciuto da tutti come elementare, che svolge la funzione di disegno ricordo da mettere nel cassetto dei ricordi delle elementari. Hai sentito per caso parlare di un quadro appeso in un museo che è il ricavato di ciò che rimane dai disegni raccolti in un armadietto delle elementari? No. Ma se ti piace possiamo acquistare un astuccio delle elementari. Questo pezzo lo dedico a Ludocusta. Mi sono reso conto che la scrittura mostra esattamente quello che sei, e ancor di più della scrittura, i dialoghi sceneggiati. Per rispetto nei confronti di una storia eccezionale come quella di "Il più bel giorno della mia vita", non posso permettere che le persone che la leggono descrivano le parti dialogate come se fossero recitate dagli stessi pupazzi inanimati che abitano la suddetta casa in cartone e compensato. L'idea che sta alla base di quella storia è opera tua. Quell'idea ora conta per me più della tua tua carne. L'idea che ha avuto Simon Franklin è ora molto più importante dello stesso Simon Franklin, quasi come se pretendessi di spingerla nello Yang del suo creatore. Certo, il passare le notti insonni a pensare cosa scriverti è una mia scelta, e lo faccio perché penso tu abbia tutte le carte in regola per diventare in futuro un grande scrittore e sceneggiatore. E non c'è nessun accordo all'1% sui tuoi guadagni che mi faccia speculare su tali affermazioni. Questo atteggiamento che ti porti dietro, te lo ripeto, è un collo di bottiglia che mi fa dispiacere, e ti ricordo che ogni volta che te lo faccio notare, il giorno dopo è come se non fosse successo niente, come se avessi capito, ma come se non fosse così tanto importante da perderci ulteriore tempo per parlarne. Quando mi dici "sono aperto e disposto a sentire le critiche e consigli", non sei in realtà disposto a ricevere critiche o consigli, sei solo disposto a dire che lo sei; puoi negare anche questa stessa affermazione; puoi anche affermarla solamente per sfamare la tua necessità di sentirti come dovresti essere, senza esserlo: umile. Il silenzio a volte è la risposta giusta. È nel silenzio che il potere dell'ascolto è al massimo livello. Tutto dipende come sempre da una scelta: chi vuoi salvare, te stesso o il tuo futuro da artista?
FIDUCIA
"Affidamento che si fa su qualcuno; attesa ottimistica di qualcosa". Se io cambio idea su qualcosa e tu vuoi poter avere fiducia in me, dammi fiducia. Se tu mi dici: "se (tu) avessi insistito di più sul fatto di non comprare videocamere a bassa risoluzione, lo avremmo fatto, ma non eri neanche tu molto convinto", io ti prendo in parola, infatti, la cosa migliore da fare era separare le cose finanziariamente, la cosa migliore era che tu avessi una macchina tutta per te, la cosa migliore era fidarsi di uno che ha pensato alla cosa 5 ore mentre tu hai risposto dopo 1 secondo usando la frase "per me è un capriccetto". A parte avvalorare l'ipotesi del controllo organi genitali, chi ha tolto fiducia impropriamente sei stato tu. Non ho fatto una cosa per cui tu non ti debba fidare. Tu hai avuto paura di qualcosa, per cui hai tolto la fiducia, per cui ti sei messo nella posizione di avere anche paura di toglierla. Tu puoi dire "Si, ma è un giro di parole ignobile perché non vuoi ammettere che hai sbagliato". Come ho detto prima, anche se fosse vero, risponderesti senza aver valutato quello che sto dicendo, ritrovandoti a proteggerti dal niente invece di fare silenzio e respirare. Se la realtà è probabilistica nel midollo, figuriamoci con queste cose. Come puoi non considerare il fatto che il tuo discorso sulla fiducia non parta e si concluda in te quasi come io fossi qualcosa di assolutamente esterno? Io mi devo ora fidare di una persona che mi da dell'imbroglione quando sto cercando di aiutarlo? Che cosa mi spingerà a proteggerti quando qualcuno mi dirà "Simon Franklin, fly down" e io dovrò rispondere che è solo un periodo? Vuoi sapere chi parla così? Il fatto è che è l'ultima cosa che ti dovrebbe importare.
Quando eravamo sulla spiaggia di Lignano e mi dicesti che avresti voluto studiare anche tu la grafica 3D perché ti sarebbe potuta servire da inserire nel tuo curriculum. Io ho imparato le basi della grafica 3D e ci ho messo 2 settimane di studi ininterrotti, e mi sono accorto di non sapere ancora niente, e tu mi dici che "basta avere un infarinatura, tanto poi sul posto di lavoro impari". In quell'esatto momento mi sono reso conto che devi veramente avere una percezione solamente marginale delle competenze richieste in un ambiente lavorativo professionale al di fuori del Kukkuma. E sicuramente una di queste competenze è l'onesta. Secondo questo modo di vedere le cose io sarei un fisico, informatico, filosofo, organizzatore di eventi, esperto in alimenti, dottore, webdesigner, amministratore lato server, cameraman, responsabile luci, regista, sceneggiatore, chitarrista, bassista, batterista, cantante, operaio e scrittore. Questo è anche il motivo di altre risposte quali "Se tu avessi letto la biografia di David Lynch (chi ha detto che non l'ho letta = non ti dico che ne ho letta buona parte onde evitarti inutili umiliazioni), sai sono 300 pagine ma te le consiglio (ennesimo orribile tono di superiorità ove 300 pagine non pensano possano essere considerate come "tante"), scopriresti che lui se n'è sempre fregato del giudizio altrui". Hai veramente così tanta paura di ammettere che per ottenere dei risultati bisogna studiare e farsi il culo, che giustifichi il tuo percorso artistico paragonandolo alla vita di chi sembra abbia fatta tutto senza? E comunque, dato che l'hai letta tutta, hai sicuramente capito che l'inconsapevolezza di Lynch su come il pubblico avrebbe potuto valutare le sue opere non ha niente a che vedere con la sua elevatissima consapevolezza e sensibilità nel produrre una gamma stratificata di emozioni, ad ogni livello di consapevolezza. Non per questo è però un genio, eh! Questo lo fanno tutti, da secoli, e se ci aggiungi i miti, posso pure permettermi di dire "da sempre". Non ti ho consigliato di leggere Charles Bukowski per fare sfoggio della conoscenza di un nuovo autore, ma perché se un ubriacone del cazzo ha scritto delle cose così spettacolari attraverso una fiducia diversa da quella in se stesso, allora ho pensato che ti sarebbe stato più facile cogliere il mio messaggio indirettamente. Ma fortunatamente tale messaggio può ora arrivarti attraverso un esempio eclatante. Come è possibile che, andando oltre le spaziature prima delle virgole e i problemi di formattazione, della sinossi non ci sia stata un'analisi attentissima della forma di ciò che hai scritto? In fiducia mi sarei aspettato di stampare una versione definitiva senza dovermi preoccupare troppo di possibili errori, e invece mi ritrovo un rifacimento grossolano assolutamente non accettabili. In più, quando ti ho riporto alcuni errori significativi con l'intento di darti un indizio su ciò che non dove accadere, tu mi hai risposto che non hai capito bene di cosa stessi parlando, quasi come se ciò che ho scritto non fosse degno di attenzione (ovviamente è peggio se l'attenzione ce l'hai messa e non hai trovato gli errori, ma spero vivamente di poter cancellare questa ipotesi dalla mia mente). E poi la cosa peggiore di tutte, a cui risponderò con un "Ma cazzo Simon! Sveglia! Sveglia!" Come può una persona che vuole scrivere giustificare i propri strafalcioni dicendo di non aver avuto tempo di rileggere? Ma volendo anche accettare che sia un'affermazione accettabile, come mai non senti la necessità di volere che il tuo lavoro sia ottimo? Non ti costava niente prenderti la briga di dirmi che non sei riuscito a fare un lavoro decente e che avrei dovuto rivederlo. Rimanendo in tema col titolo di questa parte, il fatto di non potermi fidare della bontà del tuo lavoro è una cosa accettabile; il fatto di non potermi fidare delle tue capacità è anch'esso accettabile, ma esigo che tu abbia almeno rispetto per le mie, dando credito alle mie obiezioni in modo intelligente e non speculativo.
RIASSUNTO
Finché ti paro il culo non cagarmi il cazzo. Fatti il culo senza farti inculare. Finiti i cazzi ci saranno le fighe.
1. La domanda "Thoreau tratta solamente temi sociali nelle sue opere?" non mi sembra assolutamente essere una domanda parziale.
2. La tua parziale disinformazione sul mio livello di cultura letteraria non dipende da un tuo disinteresse ma dalla mia scelta di mantenere un determinato ruolo nei tuoi confronti, sensibilmente allo sforzo e all'impegno che ci metti nella realizzazioni dei tuoi sogni.
3. Quando risolverai il messaggio della 2, la 1 scomparirà naturalmente.
Eccoci. Il momento è finalmente arrivato. L’ho portato esattamente dove volevo, su questo ponte cigolante senza vie di fuga. Ti scrivo questa lettera perché, a parte che "cigolante" non ci sta, devo dirti delle cose molto importanti che di persona non riuscirei probabilmente a comunicare con lucidità dato che sono timido. Solo per semplificazione, è possibile che tu possa trovare delle frasi rette da verbi coniugati nella seconda persona singolare, ma leggile sempre come subordinate ad una principale in cui il verbo "penso" è alla prima persona singolare. Il "tu fai questo" va quindi letto nella formula "io penso che tu faccia questo". Il pretesto della discussione sulla videocamere (era il 22 settembre 2011) ha mosso in me molti pensieri, e il fatto di averli chiarificati dentro di me, è stato molto utile. Come pretesto per argomentare ciò che devo dire, userò le definizioni di alcune parole da te usate.
ARROGANZA
Se wikipedia non sbaglia, l'arroganza è "il senso di superiorità nei confronti del prossimo, che si manifesta con un costante disdegno". Penso che né io né te abbiamo a che fare con l'ultima parte di questa definizione; non penso che disdegniamo costantemente qualcuno. Detto ciò ritengo sia utile analizzare la prima parte della frase. Non posso negare di trovarmi spesso un senso di superiorità nei confronti del prossimo, ma mai espresso in termini di "meglio" o "peggio" (tanto meno in termini di "diverso", altrimenti non si parlerebbe neppure di superiorità), ma nella misura in cui riconosco un gap di "conoscenza" (e non di cultura) evidente. Ciò che è sicuro è che metto molta umiltà prima di permettermi l'arroganza. Questa frase apparentemente contraddittoria trova veridicità in questo esempio: sull'argomento 11 settembre ho dedicato anni di studi, ho visto tutti i documentari di parte e di controparte, mi sono documentato sui siti e ho svolto delle ricerche anche personali. Molte persone credono ancora alla versione dei dirottatori muniti di taglierino. Se una di queste persone vuole parlare con me, io lo ascolto con calma, contento che mi stia parlando. Senza alcuna arroganza gli chiedo quanto tempo abbia dedicato all'argomento, e se vedo che il suo grado di conoscenza è inferiore al mio, espongo tranquillamente la mia tesi. Non ho un senso di superiorità. So che, per come sta dicendo le cose, non dimostra di avere le mie conoscenze, e tanto meno di averle superate per potermi insegnare qualcosa. Se sei umile e sai di più, lo puoi riconoscere e non farlo pesare, anche perché questa persona avrà speso quel tempo per altre cose, e di certo io sarò contento di arricchire il sacco (si tratta di quantità) del mio sapere grazie a lui. Ora, se l'interlocutore ribatte intelligentemente, tutto bene; ma se ribatte arrogantemente lui per primo, allora scatta una distanza comunicativa incolmabile, alimentata da una modalità di comunicazione che non condivido. Lui inizierà a non ascoltare, io inizierà a sembrare arrogante. E se sembro, lo sono, dato che credo nelle realtà individuali anche dal punto di vista fisico oltre che da quello psicologico.
Come io sfrutto come una spugna l'opportunità di conoscere, non accetto (e lo riconosco come zona d'ombra in un percorso di luce) che non si faccia lo stesso con me. Sì, si riduce tutto ad un semplice meccanismo ZEN: "Se sei l'allievo, ascolta in silenzio il maestro; se sei il maestro, ascolta in silenzio te stesso". Si evince da questo discorso che chi sa non può insegnare, e che solo chi sa di non sapere può imparare. In questo sono un (1/4)*Hegeliano+(3/4)*Socratico. Hegeliano perché credo che la crescita personale di una persona si sviluppi lungo una spirale in cui ogni giro è composto da un processo di tesi-antitesi-sintesi, dall'altro canto, so che la crescita è favorita dalla consapevolezza della proprie ignoranza. Allora tu mi chiederai: "Ma se sai di non sapere, allora perché sei arrogante con uno che ne sa meno di te? Comunque può insegnarti qualcosa, o comunque, sempre socraticamente parlando, perché non applichi con lui la maieutica e non l'arroganza?". La risposta non è scontata e ha richiesto molto tempo. Diciamo che GHHLHHNH (anche il nome di dio in ebraico è scritto con le acca in sostituzione delle vocali) mi ha in un certo senso aiutato a trovare la risposta: la vita media di un uomo è di 76 anni. Penso che sia giusto vivere la propria vita nel modo più armonico possibile. L'impossibilità di vivere per un tempo infinito induce a fare delle scelte, a selezionare le persone fisiche con cui vivere bene, per poi poter vivere bene con tutti. Anche tu sei talvolta arrogante con chi fa l'arrogante con te. A volte anche tu dimentichi di indossare uno dei sei cappelli di De Bono e sviluppi della finta consapevolezza su cose che sai di non conoscere a dovere. Sono proprio le ripercussioni di questa dimenticanza a gravare sulla tua vita. Un esempio significativo di arroganza (e non di, simpaticamente, meta-arroganza) è quando volevi sostenere l'impossibilità di immedesimarsi totalmente nelle sensazioni di un compositore suonando la sua musica. Ritrovo l'esempio molto calzante perché, benché sia quasi ovvio pensare che non si possano conoscere le sensazioni del compositore mentre componeva (e tanto meno carpire le sensazioni del primo uomo che eseguì quell'opera) tu non possiedi alcuna conoscenza teorica o pratica per valutare questa affermazione se non arrogantemente. Qualsiasi tuo sillogismo fallirebbe perché... non hai le basi per farlo. Qualsiasi frase che inizia con "Secondo me..." non avrebbe alcun valore né fondamento. In gergo si direbbe: "Tu ses dome un arrogantello!".
Ora tu sai bene che l'arroganza è un meccanismo di auto-protezione che si sviluppa da piccoli e che è facilmente riconoscibile dall'esterno, ma molto poco riconoscibile dall'interno (se fossi in grado di riconoscerlo, lui non ti proteggerebbe più). Ci sono tre paradossi in questi sistemi. Il primo è che è molto probabile che il sistema si accenda anche in questo stesso momento, il secondo è che è ancora più difficile accettare un atteggiamento che si è portati naturalmente a criticare, il terzo è che probabilmente ti verrebbe da dire "ma anche tu sei arrogante", quando il fatto che lo sia, no ha nulla a che fare con te; il fatto che io sia o non sia arrogante è un discorso che possiamo fare a parte, ma definirmi arrogante non ti esime dall'esserlo. E poi è certo che anche io abbia dei sistemi di protezione che si manifestano con atteggiamenti negativi, ma il fatto di riuscire a scriverlo mi fa stare molto bene. Ho imparato che scrivere i propri difetti su un foglio aiuta moltissimo, soprattutto a capirne le fonti. Chi mi conosce molto bene mi ritiene una persona molto umile e sensibile, e allo stesso tempo sa definirmi correttamente come una persona terribilmente testarda, capoccia dura in ogni possibile manifestazione.
È l'assoluta testardaggine che alimenta esponenzialmente le considerazioni positive e negative di chi mi circonda. Se mi dai un po' di bene, testardamente sarò portato a donare tutto il mio essere; con un po' di male, desidererò la tua morte per il bene della comunità mondiale. Non avrei mai mollato il discorso con il povero uomo delle torri gemelle prima di averlo fatto assistere a settordici ore di manfrina. Non mollo. Sto imparando a farlo, e sono molto migliorato (prova solo a pensare a cos'era prima... come tu critichi molto meno di anni fa, ma sembri un criticone, così io sono molto meno testardo, ma sono un testardone). La testardaggine è un difetto che ho assimilato da mio padre, sviluppato per contrastarlo nella sua stessa testardaggine. Pensa a quando GHHLHHNH è andata in palestra. Quanto le ho rotto le scatole? Se mi avesse detto: "L'assenza di attività fisica accorcia la vita e rende la mente meno rilassata. Ne sono consapevole ma non voglio andare in palestra.", forse la cosa sarebbe stata molto più smorzata, ma è indubbio che abbia esagerato con la testardaggine. Un atteggiamento del genere non deve più riprendere vita in me. Ovviamente la situazione era più complessa, ma l'esempio calza. Anche in questo caso, "chi sa", afferma che lo sport fa bene (l'attività fisica dona salute scientificamente parlando. Non è una questione soggettiva.); anche e tu lo sai bene, ma se un medico ti venisse a dire che recenti studi dimostrano che lo sport fa male, magari ci penseresti. Così vale anche per il discorso della videocamere: dedico ore a pensare alla soluzione ottimale, espongo, ascolto, e solo nel momento in cui ottengo una risposta degna, la mia PRESUNTA arroganza svanisce e rispondo: "Questa risposta è ottima!"; stessa risposta che hai infatti ricevuto quando mi hai detto che, nel caso in cui ti avessi descritto in anticipo le mie intenzioni, probabilmente avresti voluto evitare di vendere la pana. Non ammetto invece un discorso prettamente focalizzato sull'"hai cambiato idea in corso d'opera", che mi è parso un esempio di incapacità a focalizzare gli obiettivi reali. E poi, una persona come me, ritenendo il discorso infantile, potrebbe iniziare ragionare come un bambino: se tu mi dici che per te è meglio avere una camera seria a metà con me, rispetto ad una leggermente inferiore tutta tua; se mi dici che preferiresti averne 2, entrambe a metà rispetto che una tutta per te; se dal momento in cui capisco che hai i soldi ti propongo di prenderne una come la mia e tu accetti subito e ti calmi; da bambino, è ovvio per me pensare che stai giocando a chi ce l'ha più lungo. Ma se ce l'abbiamo uguale allora va bene. Potevi dirlo prima! Sono nella media abbondante di 19.5 cm. Potevamo risparmiare 2 ore.
PRESUNZIONE
Se wikidizionario non sbaglia, la presunzione è "l'eccessiva sicurezza o fiducia priva di riscontro nelle proprie capacità, che può portare finanche all'attribuirsi qualità e doti che non si posseggono, che è il riflesso di un'opinione troppo alta o lusinghiera di se stessi". Io non sono presuntuoso. Affermarlo non è per forza una presunzione; potrebbe essere una consapevolezza. Presumere che io sia presuntuoso nel fare questa affermazione è solamente una presunzione!... Valuto attentamente le mie capacità, e spesso mi ritrovo a parlare di me stesso in termini di mediocrità; a volte perché la mediocrità è per me un concetto affascinante e portale di scoperta, a volte perché il mostrare una conoscenza priva di riscontro ha per me la stessa accezione del mentire. La parte che io ritengo più importante in questa definizione è "priva di riscontro", il che si riconduce al concetto di "investimento conoscitivo". Quanto tempo hai impiegato ad ottenere il riscontro prima di elargire una qualunque presuntuosa affermazione? È presuntuoso dire "l'ABC della regia dirà solo come si fanno le inquadrature standard". L'affermazione può essere corretta, ma per poterla fare senza presunzione devi sapere quel libro a memoria, devi aver letto libri di regia moderna ed devi esserti costruito uno stile di regia tutto tuo. Un'affermazione potenziale come "nella mia idea di regia esiste la sperimentazione di inquadrature particolare, mosse dal puro senso estetico, ma la cosa potrebbe cambiare dato che non ho mai avuto modo di sperimentare la cosa sul campo" conduce allo stesso punto, ma in modo molto completamente differente. Ripeto che non stiamo ancora parlando di valore di veridicità (argomento che tratterò dopo), ma di pura modalità. Hai un "modo" presuntuoso di parlare di certe cose. Mi sembra che tu stia sottovalutando troppo l'importanza di produrre frasi umili.
Quando io ti dico che un dialogo della sceneggiatura va rivisto perché l'ironia non si legge come si dovrebbe, mi pesa molto pensare che parte dei miei 76 anni di vita vengono spesi per spiegare che non mi sto focalizzando su particolari o cose su cui pensi mi stia focalizzando, ma solo su quello che realmente costituisce un problema; dopo 30 minuti mi capisci, ti focalizzi sulla reale questione, e mi dai ragione o torto a seconda, spiegandomi perché. Ma se tu non fossi così presuntuoso, potremmo andare via molto più veloci. Potresti dire che quando perdiamo tempo in questo modo, si tratta solo di un'incomprensione, ma essendo un'incomprensione sistematica la cui causa è spesso la stessa, non mi appoggerei a questa bullshit. L'assenza di presunzione in un rapporto come il nostro ha solo un vantaggio puramente collaborativo. Io ti voglio bene e sono contento di venire a Lignano con te per scherzare tutto il giorno o parlare di cose serie, e mi va benissimo se critichi e fai il presuntuoso con chiunque, anzi, il modo naturale e ponderato con cui lo fai può essere a tratti molto divertente. In vero, non sei una persona con cui penso starei bene tutto il giorno, tutti i giorni. Non ritengo di avere una tale empatia nei tuoi confronti da potermi permettere con te un rapporto come quello che posso avere con Alessio o Enrico o Ilaria, o con la stessa Roberta. Ma una cosa è certa: sei una delle persone più intelligenti che conosco, e una amico importante, quindi nulla di ciò che scrivo qui ha a che fare con la parte personale del nostro rapporto, si tratta della parte collaborativa, e dei limiti comunicativi, creativi e conoscitivi che sorgono da determinati atteggiamenti e che si ripercuotono sul modo di stare l'uno vicino all'altro.
Mi ricordo che un giorno mi dicesti che ti piaceva molto la logica formale e booleana. Io credo che l'operatore implicazione sia un'ottima metafora di questo discorso:
V -> V = V
V -> F = F
F -> V = V
F -> F = V
Come puoi vedere, partendo da un'ipotesi falsa, avrai sempre un risultato vero. Se dici "Se Dante fosse vissuto adesso, non avrebbe ricevuto lo stesso successo" è un affermazione vera, ma Dante non è vissuto ai giorni nostri, e se dici una cosa del genere a chiunque sappia di Dante più di te, ti ride in faccia e non pubblichi un libri neanche se ti reincarni in Wilbur Smith. Queste affermazioni sono pessime, un misto di arroganza e presunzione che ha l'effetto devastante di premere a te stesso di venir ridicolizzato. Ma la cosa peggiore è il totale spreco di energia creativa. Pensa a cosa potresti pensare e creare abbattendo nella tua mente affermazioni di così basso livello. Questo spreco io non lo posso tollerare. Non tollero nemmeno il riciclo di questa energia: non mi piace che un'idea magari buon nasca da un discorso di questo genere. Perché perdere tempo a togliere il rame dal bronzo quando puoi smontare la bobina di una lavatrice (scoprendo magari che la lavatrice è fatta d'oro)? Pensi che abbia fatto questo paragone del candalporco senza sapere che fa schifo? Sta a te decidere se è il caso di sorridere della mia ironica consapevolezza nel costruire tale paragone, o argomentare con toni elevati la sua inefficacia; di certo, nel secondo caso, faresti ridere ancor di più chi sta già sorridendo, ma io non voglio questo per te.
Ho avuto una fase detta "del mona" intorno ai 13 anni in cui mi comportavo da presuntuoso. Al tempo ho avuto la fortuna di frequentare persone adulte che, con la loro esperienza, potevano accettare le sfide e giocarle nel modo più costruttivo. Mi sono trovato spesso a vergognarmi di aver presunto di sapere, e se queste persone non mi avessero subito messo a terra, non avrebbero mai stimolato in me determinate consapevolezze; non avrei potuto far altro che continuare ad essere presuntuoso. Se avessi continuato a fare il superiore, sono sicuro che le diottrie dei miei punti di vista sarebbero aumentate vertiginosamente. Anche questa volta è la conoscenza che permette di sfuggire questa situazione. Infatti, se si sa, è impossibile presumere. Una cosa che mi ha molto colpito è stato il momento in cui sono stato deriso per aver cercato un manuale che mi potesse insegnare a scrivere. Tu mi risposi che un manuale del genere non esisteva, e che se fosse esistito, avrebbe comunque "sbagliato". Avresti per di più concluso la tua risposta con la parola "sbagliato" se non ti avessi domandato cosa meglio intendevi. Mi dicesti che per saper scrivere bisogna leggere. Io sono d'accordo con questa affermazione in termini di necessità, ma non di sufficienza (proprio come gli operatori implicazione fanno). Secondo te se faccio leggere 1000 libri a mia nonna, lei poi sa scrivere? Ovviamente no. Già da qui la tua frase può essere corregiuta in "Per saper scrivere bisogna prima saper leggere". Il processo di apprendimento della scrittura è sì un viaggio personale, ma i prodotti di qualità hanno dei denominatori comuni che trascendono lo stile. Non è solo l'avere un senso critico su ciò che si sta leggendo; è la meraviglia dell'assoluta superiorità di uno scrittore, è il partecipare della sua grandezza fino al momento in cui ti rendi conto che stai capendo solo il 10% dei suoi processi di scrittura. E benché la Meraviglia suoni come qualcosa di astratto, è un'emozione necessaria allo scrivere. L'uomo presuntuoso devasta la propria capacità di sentire ciò. Non puoi fare nessuna analisi su ciò di cui sto parlando. È e basta. Ma io ti vedo e ti sento parlare, e purtroppo so che pensi di sentirla. Mi puoi solo rispondere "Ma si, capisco benissimo!". No. Queste sensazioni muovono l'io in una direzione subito riconoscibile da chi l'ha già sperimentate.
Ti ricordi? Quando ti ho postato su facebook le storielle zen, tu mi hai risposto: "Guarda che le ho già lette due anni fa!". Beh, forse è il caso che tu te le rilegga dato che se avessi capito il 10% delle storielle zen, non avresti mai risposto così. È anche vero che quest'ultima mia affermazione, benché oggettivamente veritiera, ha un tono abbastanza violento, tono che spero venga smorzato dall'affermazione che segue. Capisco questa e molte altre tue risposte simili, e ti assicuro che è facile ricondurle ad una evidente paura di poter essere considerato impreparato, inadeguato, non pronto ad un qualsiasi compito, soprattutto se di carattere intellettuale. Mi spiego meglio. L'unico motore in grado di emanare frasi come "Le ho già lette.", o "Io non mi rifaccio a due frasette trovate su Wikipedia.", o "Studia." è la paura. La cosa peggiore è che tu, cercando di difenderti attaccando, rendi la tua risposta emotiva assolutamente prevedibile. E la prevedibilità è veramente monotona. Tornando al primo esempio, se io avessi riportato una bella storiella ZEN sulla bacheca di qualcuno, sarebbe stato impensabile che questa non avesse risposto in maniera inerente al mio ovvio tentativo di portare una briciola di bene in più, ma con te questo non è accaduto, troppo preso dalla necessità di dire "Ehi ehi! A voi tutti che leggete la bacheca! Io l'ho letto, eh! Io so questa cosa, infatti io so scrivere perché ho letto tanto!" o "Ehi, guardate qui! È lui quello che non sa niente di trascendentalismo! Io so eh! È lui quello ignorante e disinformato, mentre io so perché ho letto! E leggo perché voglio scrivere!". Se la tua crescita personale non mi stesse a cuore quasi quanto la conclusione del nostro prodotto artistico, la cosa guadagnerebbe solo l'aggettivo di "interessante", ma data la situazione è diventata per me qualcosa di "importante".
Prendi il poker. Quando sei principiante pensi di dover giocare quando hai la mano buona, quando sei semiprofessionista, impari a considerare solamente le carte che possono avere gli altri, e quando sei un professionista capisci che la cosa che conta è pensare a ciò che gli altri pensano che tu abbia in mano. Così penso che imparare a scrivere attraverso la lettura non abbia solo a che fare col leggere molti libri, non sia solo pensare a ciò o a come l'autore ha scritto, ma sia interrogarsi su come l'autore voleva condurti con la sua scrittura a leggere ciò che stai leggendo, nel modo con cui stai leggendo, con le esatte sensazioni prodotte da quella lettura. Ogni volta che sento la parola "stelle", mi commuovo. Non sono più in grado di pensarle come ammassi di idrogeno in cui è innescata una reazione nucleare; la mia mente è nell'inchiostro del punto in cui si chiude la divina commedia. Pensi che sia merito mio se mi comporto così? O è il signor Alighieri ad essere riuscito a fare ciò per cui è considerato il più grande autore letterario del mondo fin'ora esistito?! Ti esorto quindi a considerare che l'importanza di farsi domande è più importante che tentare di darsi delle risposte. Prima di ambire alla "letteratura alta", ti sei assicurato di aver ottenuto una tale consapevolezza di come si scrive, al punto da poter stravolgere in maniera adeguata i soliti stilemi o cliché di cui parli? Hai mai fatto leggere il tuo prodotto a qualcuno che è veramente competente in ambito letterario anche solo "medio"? Nel caso dovessi ottenere una risposta negativa al tuo prodotto, saresti in grado di non attribuire a questa persona competente dell'incompetenza, solo per preservare e giustificare la validità della tua opera?
È una questione di ruoli. Il mio ruolo dal tuo punto di vista non è quello che può farti notare certe cose. Non mi puoi credere o non ti puoi fidare di me nel momento in cui muovo una critica costruttiva nei tuoi confronti semplicemente perché tra il pensare che io possa vedere cose che tu non vedi o che nemmeno capisci, e il pensare che sia io a non capire, sei spontaneamente portato a dare per scontata la seconda opzione. Infatti, la tua prima risposta alla mia affermazione "Secondo me Orson è da rivedere da molti punti di vista, oltre che da quello formale", non è stata "Magari hai ragione, gli do un occhiata e poi ti so dire", ma è stata "Io voglio scrivere in un modo alto, leggiti Joice per capire" e per di più, dal momento che ti ho detto che ho letto Gente di Dublino in lingua originale e metà dell'Ulisse, e che la differenza con te non ha a che fare con ciò a cui ti stai riferendo, (e che solo fare un paragone con il suo livello, scusa, ma mi ha fatto sorridere), mi hai risposto di leggere un altro suo libro per capire. Quando ti ho detto che frasi come "SaSSo Sul SottoboSco" non erano a mio parere appropriate in un determinato passaggio, ti sei subito messo nella posizione di sottovalutarmi, chiedendomi cosa volesse esprimere per me questa successione di parole, presumendo che io ti rispondessi "suonano male tutte con la esse!"; invece avevo già avuto modo di imparare che le assonanze svolgono la funzione di sottolineare un determinato concetto, e a mio parere, quelle stesse sottolineature erano state usate in maniera impropria. Ma tu sai cosa mi hai risposto? Mi ha risposto che tu usi le assonanze proprio per sottolineare i concetti. [Pausa] Certo! Chi ha mai detto il contrario? Infatti la questione non poggiava le basi sulla tua conoscenza delle figure retoriche, bensì sull'uso appropriato o meno che ne fai! Al che tu potresti chiedermi: "Pensi che tutti quelli che scrivono abbiano completa conoscenza di tali costrutti?". A parte il fatto che la domanda è sbagliata nella misura che non è formulata per la curiosità nella sua risposta, il competente di prima direbbe: "Coloro che non possiedono una totale consapevolezza di quali siano i fondamenti teorici e formali dello scrivere bene possiedono un così profondo e sincero rapporto con se stessi che si possono permettere di scrivere senza farne un uso cosciente; per tutti gli altri tale consapevolezza è invece necessaria". And what about the rithm? Se vuoi vivere scrivendo libri, forse non dovresti farli leggere ai tuoi amici, dovresti farli leggere a chi sa scrivere. Ti assicuro che se non ci tenessi a te e al tuo futuro da scrittore al punto da considerarla una cosa che riguarda anche me, non vedresti nemmeno l'ombra di queste parole.
È proprio una questione di ruoli, e non posso biasimarti. È probabile che tu non sia disposto ad accettare che la mia crescita artistica in ambito letterario mi permetta ora di valutare il tuo operato. Potrai sempre chiedermi di scrivere qualcosa per vedere se so scrivere, ma una sfida non penso cambierebbe le cose. Anche se scrivessi una puttanata, per valutarla come tale avresti bisogno di un esperto. Allora tanto vale che ti rivolgi a lui e controlli con lui se quello che dico è vero o (sono il primo a sperarlo) è una stupidaggine. Basterebbe far leggere Orson ad un esperto letterario interessato alle pubblicazioni che sembrano più simili nello stile al tuo racconto e chiedergli di trovare i punti forti e quelli deboli, gli errori o i passaggi geniali. Se il critico ti dovesse dire "Questa è la più grande cossa mai scritta" o fare un qualsiasi commento generalmente positivo, quanto potresti stare contento? E quanto potrei stare io in pace vedendo che il mio amico non ha più sbalzi emotivi prodotti dalla richiesta di mettersi in gioco? Ora tu dirai che sei il primo ad essere recettivo nei confronti degli altri, e che è in te la voglia di imparare. Questo io lo metto in discussione non perché non credo al significato delle tue parole o delle parole in generale, non perché penso che tu mi stia mentendo o ti stia mentendo, ma perché penso che tu non sappia proprio come fare. L'idea che si possa diventare grandi dal solo confronto con se stessi è quasi del tutto una falsità. Gli unici che ci riescono sono gli illuminati in senso spirituale, a cui non interessa assolutamente nulla ti te, di me o di questo discorso se non in termini di movimento di informazione universale. Da ciò si evince che la collaborazione è uno strumento molto potente per la crescita individuale di una persona, ma quando si parla di opere d'ingegno, la collaborazione diventa quasi un rallentatore al cospetto di una figura molto più potente: la figura del maestro. Tutte le società più intellettualmente avanzate ne veneravano il ruolo; al giorno d'oggi sembra quasi una figura in grado di porre un freno alla libertà artistica. Il compito del maestro non era quello di insegnare (quello era il pretesto), ma quello di evitare che l'allievo iniziasse ad utilizzare degli strumenti prima del dovuto, e, soprattutto, si assicurava che iniziasse ad usarli una volta ritenutolo pronto. Come Ilaria non ha avuto un maestro che le dicesse: "Guarda che sono dieci anni che sei pronta! Il tuo non fare è un crimine nei confronti dell'umanità!", così tu, a mio parere, ti sei allontanato troppo presto dal maestro, e adesso la nostalgia del buon ricordo che avevi di lui ti fa allontanare da tutti quelli che potrebbero sostituirlo.
Dal tuo stesso modo di scrivere si riconosce un uso esagerato del vocabolario, un appesantimento del testo che magari tu ritieni voluto, ma che, con elevatissima probabilità, verrà percepito solamente come il tentativo di uno scrittore provetto di mettersi in evidenza. Conosci questo aspetto della scrittura? Se non sei uno di quegli scrittori provetti, sapevi che questo è quello che fanno? Dato che mi consigli Joyce, dovresti subito capire dove sta la differenza con te; io almeno la percepisco subito, e tu stesso sai che io ho letto molto poco. Non è una questione di stile. Non è un discorso del tipo A:"A me piace Joyce", B:"A me non piace tanto, a me piace Umberto Eco". È un discorso del tipo A:"Hai letto Franklin?" B:"No" A:"Nemmeno io". Mi rendo conto che l'argomento sia molto delicato e ti tocchi nel profondo, ma se la risposta più vera è anche quella più dolorosa, probabilmente si trasformerà velocemente in quella più potenzialmente positiva. E non parlo solo di scrittura.
Se tu dovessi un giorno partire alla ricerca del tuo vecchio maestro, sappi di poter contare su di me come per lo spostamento di tavoli o letti attraverso porte strette. Mi sembra veramente che ti basti così poco per iniziare la vera strada verso una scrittura di qualità, ma finché ciò non accadrà, non potrò sentirmi a mio agio nell'affidarti idee per la realizzazione di storie. Per fare dei racconti che mettano insieme la quantistica e il pulp, esiste un ottimo sistema: studiare a menadito la fisica quantistica e il genere pulp. Non si può citare Pauli mostrando al lettore solo per brevi istanti la parte più generale del suo principio. L'inconsapevolezza della fisica che di fatto c'è risulta subito evidente allo scrittore, senza parlare del fatto che in una struttura narrativa complessa, gli elementi della scena devono per forza essere descritti dettagliatamente, altrimenti il lettore si trova immerso in un immaginario fatto di pareti di compensato e oggetti di cartone. Nella scrittura non si può proprio imbrogliare. Prova a leggere questo scambio di battute pensando ai tramonti di Monet o Van Gogh: "Disegna un cerchio.", "Fatto.", "Volevo un sole ed eccolo qua.", "Sì, ma mettiamoci almeno dei raggi.", "Eh, no, perché poi diventa troppo realistico; pensavo, invece di metterci le linee diritte, mettiamoci quei raggi a forma di gabbiano all'orizzonte", "Secondo me andrebbero meglio dei raggi meno "stereotipati"(leggi "infantili")... comunque ci vorrà anche del colore, e una sfumatura.", "Mah, a me il bianco e nero piace". Ora ricordati che ti ho detto di pensare pensando ai tramonti di Monet o Van Gogh? Pensi che quel cerchio possa essere considerata arte astratta? No. Quel cerchio con i raggi è un disegno elementare, riconosciuto da tutti come elementare, che svolge la funzione di disegno ricordo da mettere nel cassetto dei ricordi delle elementari. Hai sentito per caso parlare di un quadro appeso in un museo che è il ricavato di ciò che rimane dai disegni raccolti in un armadietto delle elementari? No. Ma se ti piace possiamo acquistare un astuccio delle elementari. Questo pezzo lo dedico a Ludocusta. Mi sono reso conto che la scrittura mostra esattamente quello che sei, e ancor di più della scrittura, i dialoghi sceneggiati. Per rispetto nei confronti di una storia eccezionale come quella di "Il più bel giorno della mia vita", non posso permettere che le persone che la leggono descrivano le parti dialogate come se fossero recitate dagli stessi pupazzi inanimati che abitano la suddetta casa in cartone e compensato. L'idea che sta alla base di quella storia è opera tua. Quell'idea ora conta per me più della tua tua carne. L'idea che ha avuto Simon Franklin è ora molto più importante dello stesso Simon Franklin, quasi come se pretendessi di spingerla nello Yang del suo creatore. Certo, il passare le notti insonni a pensare cosa scriverti è una mia scelta, e lo faccio perché penso tu abbia tutte le carte in regola per diventare in futuro un grande scrittore e sceneggiatore. E non c'è nessun accordo all'1% sui tuoi guadagni che mi faccia speculare su tali affermazioni. Questo atteggiamento che ti porti dietro, te lo ripeto, è un collo di bottiglia che mi fa dispiacere, e ti ricordo che ogni volta che te lo faccio notare, il giorno dopo è come se non fosse successo niente, come se avessi capito, ma come se non fosse così tanto importante da perderci ulteriore tempo per parlarne. Quando mi dici "sono aperto e disposto a sentire le critiche e consigli", non sei in realtà disposto a ricevere critiche o consigli, sei solo disposto a dire che lo sei; puoi negare anche questa stessa affermazione; puoi anche affermarla solamente per sfamare la tua necessità di sentirti come dovresti essere, senza esserlo: umile. Il silenzio a volte è la risposta giusta. È nel silenzio che il potere dell'ascolto è al massimo livello. Tutto dipende come sempre da una scelta: chi vuoi salvare, te stesso o il tuo futuro da artista?
FIDUCIA
"Affidamento che si fa su qualcuno; attesa ottimistica di qualcosa". Se io cambio idea su qualcosa e tu vuoi poter avere fiducia in me, dammi fiducia. Se tu mi dici: "se (tu) avessi insistito di più sul fatto di non comprare videocamere a bassa risoluzione, lo avremmo fatto, ma non eri neanche tu molto convinto", io ti prendo in parola, infatti, la cosa migliore da fare era separare le cose finanziariamente, la cosa migliore era che tu avessi una macchina tutta per te, la cosa migliore era fidarsi di uno che ha pensato alla cosa 5 ore mentre tu hai risposto dopo 1 secondo usando la frase "per me è un capriccetto". A parte avvalorare l'ipotesi del controllo organi genitali, chi ha tolto fiducia impropriamente sei stato tu. Non ho fatto una cosa per cui tu non ti debba fidare. Tu hai avuto paura di qualcosa, per cui hai tolto la fiducia, per cui ti sei messo nella posizione di avere anche paura di toglierla. Tu puoi dire "Si, ma è un giro di parole ignobile perché non vuoi ammettere che hai sbagliato". Come ho detto prima, anche se fosse vero, risponderesti senza aver valutato quello che sto dicendo, ritrovandoti a proteggerti dal niente invece di fare silenzio e respirare. Se la realtà è probabilistica nel midollo, figuriamoci con queste cose. Come puoi non considerare il fatto che il tuo discorso sulla fiducia non parta e si concluda in te quasi come io fossi qualcosa di assolutamente esterno? Io mi devo ora fidare di una persona che mi da dell'imbroglione quando sto cercando di aiutarlo? Che cosa mi spingerà a proteggerti quando qualcuno mi dirà "Simon Franklin, fly down" e io dovrò rispondere che è solo un periodo? Vuoi sapere chi parla così? Il fatto è che è l'ultima cosa che ti dovrebbe importare.
Quando eravamo sulla spiaggia di Lignano e mi dicesti che avresti voluto studiare anche tu la grafica 3D perché ti sarebbe potuta servire da inserire nel tuo curriculum. Io ho imparato le basi della grafica 3D e ci ho messo 2 settimane di studi ininterrotti, e mi sono accorto di non sapere ancora niente, e tu mi dici che "basta avere un infarinatura, tanto poi sul posto di lavoro impari". In quell'esatto momento mi sono reso conto che devi veramente avere una percezione solamente marginale delle competenze richieste in un ambiente lavorativo professionale al di fuori del Kukkuma. E sicuramente una di queste competenze è l'onesta. Secondo questo modo di vedere le cose io sarei un fisico, informatico, filosofo, organizzatore di eventi, esperto in alimenti, dottore, webdesigner, amministratore lato server, cameraman, responsabile luci, regista, sceneggiatore, chitarrista, bassista, batterista, cantante, operaio e scrittore. Questo è anche il motivo di altre risposte quali "Se tu avessi letto la biografia di David Lynch (chi ha detto che non l'ho letta = non ti dico che ne ho letta buona parte onde evitarti inutili umiliazioni), sai sono 300 pagine ma te le consiglio (ennesimo orribile tono di superiorità ove 300 pagine non pensano possano essere considerate come "tante"), scopriresti che lui se n'è sempre fregato del giudizio altrui". Hai veramente così tanta paura di ammettere che per ottenere dei risultati bisogna studiare e farsi il culo, che giustifichi il tuo percorso artistico paragonandolo alla vita di chi sembra abbia fatta tutto senza? E comunque, dato che l'hai letta tutta, hai sicuramente capito che l'inconsapevolezza di Lynch su come il pubblico avrebbe potuto valutare le sue opere non ha niente a che vedere con la sua elevatissima consapevolezza e sensibilità nel produrre una gamma stratificata di emozioni, ad ogni livello di consapevolezza. Non per questo è però un genio, eh! Questo lo fanno tutti, da secoli, e se ci aggiungi i miti, posso pure permettermi di dire "da sempre". Non ti ho consigliato di leggere Charles Bukowski per fare sfoggio della conoscenza di un nuovo autore, ma perché se un ubriacone del cazzo ha scritto delle cose così spettacolari attraverso una fiducia diversa da quella in se stesso, allora ho pensato che ti sarebbe stato più facile cogliere il mio messaggio indirettamente. Ma fortunatamente tale messaggio può ora arrivarti attraverso un esempio eclatante. Come è possibile che, andando oltre le spaziature prima delle virgole e i problemi di formattazione, della sinossi non ci sia stata un'analisi attentissima della forma di ciò che hai scritto? In fiducia mi sarei aspettato di stampare una versione definitiva senza dovermi preoccupare troppo di possibili errori, e invece mi ritrovo un rifacimento grossolano assolutamente non accettabili. In più, quando ti ho riporto alcuni errori significativi con l'intento di darti un indizio su ciò che non dove accadere, tu mi hai risposto che non hai capito bene di cosa stessi parlando, quasi come se ciò che ho scritto non fosse degno di attenzione (ovviamente è peggio se l'attenzione ce l'hai messa e non hai trovato gli errori, ma spero vivamente di poter cancellare questa ipotesi dalla mia mente). E poi la cosa peggiore di tutte, a cui risponderò con un "Ma cazzo Simon! Sveglia! Sveglia!" Come può una persona che vuole scrivere giustificare i propri strafalcioni dicendo di non aver avuto tempo di rileggere? Ma volendo anche accettare che sia un'affermazione accettabile, come mai non senti la necessità di volere che il tuo lavoro sia ottimo? Non ti costava niente prenderti la briga di dirmi che non sei riuscito a fare un lavoro decente e che avrei dovuto rivederlo. Rimanendo in tema col titolo di questa parte, il fatto di non potermi fidare della bontà del tuo lavoro è una cosa accettabile; il fatto di non potermi fidare delle tue capacità è anch'esso accettabile, ma esigo che tu abbia almeno rispetto per le mie, dando credito alle mie obiezioni in modo intelligente e non speculativo.
RIASSUNTO
Finché ti paro il culo non cagarmi il cazzo. Fatti il culo senza farti inculare. Finiti i cazzi ci saranno le fighe.